venerdì 27 dicembre 2013

- La frana di Santo Stefano, al Viadotto Biondi


26 dicembre 2013
Se dopo i lavori di terrazzamento avessero riposizionato, i teli protettivi in PVC, penso non si sarebbe verificato questo nuovo movimento franoso, perché avrebbe lasciato scivolare la pioggia a valle, senza farla infiltrare nel terreno friabile e franoso....


Se la somma che hanno stanziato, grazie alla senatrice Spilabotte non arriveranno, la situazione sarà drammatica...
E' una lunga agonia, chissà quando finirà...???


Il video che ho realizzato verso mezzogiorno....




Altre foto...


Foto ed articolo resi disponibili da Roberto di Molfetta

In un articolo di marzo 2013 - il geologo spiegava...
“Quell'area era stata già classificata come zona a rischio geomorfologico R4 (rischio molto elevato ndr) già agli inizi degli anni Ottanta da una relazione redatta dalla Italtecna, e di seguito acquisita dall'università di Roma – spiega il geologo -. In quegli anni per la prima volta lo Stato ha preso coscienza del dissesto idrogeologico della città e attraverso l'Italtecna ha compiuto un lavoro di alta specificità tecnica finalizzato alla definizione idrogeologica di tutta la collina”.
L'Italtecna, all'epoca, era una società del gruppo Iri (Istituto per la ricostruzione industriale, ente pubblico liquidato solo nel 2002 ndr) e certificata dal Ministero dei Lavori pubblici.
“Una zona R4 – spiega Catullo – è una zona ad alto rischio di frana in cui vige l’assoluto divieto di costruzione. Lì bisogna stare attenti anche a cogliere un fiore”. Eppure “la collina, negli anni, è diventata una zona R0, cioè una zona su cui è possibile edificare”.
Come lo è diventata rimane però un mistero. “Se si esclude un intervento divino per il quale la collina si sia stabilizzata senza alcuna opera di bonifica, possiamo ipotizzare un altro intervento dall'alto, diciamo così, meno divino ma pur sempre incomprensibile”, ironizzava Catullo...


Conferenza del Prof. Mario Catullo sul dissesto idrogeologico di FR

(realizzato da Claudio Martino di Eco della Rete)




Comunque, se vi dovesse capitare di parlare con un geologo, come è successo a me,
vi dirà che per risolvere una volta per tutte il problema del versante in frana sotto il viadotto Biondi si sa bene cosa sarebbe opportuno fare. In primis: 
- indagine di dettaglio geologica, idrogeologica e idrologica, con individuazione della superficie di scorrimento della frana. La conoscenza dello stato di tutto il versante è necessaria per evitare di sbagliare il tipo di interventi da realizzare. Il dubbio che tale percorso non sia stato neanche iniziato c’è e deriva dalla serie di interventi sinora messi in atto che si sono rivelati poco efficaci. Sembra che si proceda a tentoni. Eppure oggi le conoscenze tecniche e scientifiche necessarie a mettere in sicurezza il versante sono a disposizione di chi se ne voglia avvalere. Le frane, sono fenomeni ben conosciuti e ormai è ben noto come trattarle.
- Sarebbe necessario alleggerire il versante e soprattutto regimare le acque a monte del versante per evitare infiltrazioni. Si potrebbero prevedere dei pozzi drenanti ma soprattutto sarebbero necessarie opere di canalizzazione delle acque di monte, da veicolare nel Cosa.
E’ stata fatta una analisi finalizzata alla realizzazione di tali canalizzazioni? E’ stato fatto un modello della frana?
A che cosa saremo costretti ad assistere ancora?
Ci dovremo accollare il costo di altre opere inutili?
Cosa dire...? Presto vi informerò su un'iniziativa che proporremo come associazione al riguardo...
Luciano Bracaglia


Foto del 27/12/2013

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lo eliminassero, il pericoloso ascensore inclinato che con le vibrazioni che produce potrebbe aggravare la situazione della frana. Si potrebbe realizzare un sentiero pedo-ciclabile ad ampie sinusoidi come a Machu Pichu... 


Poi si potrebbero impiantare tante canne di Banbù che assorbono acqua e radicano tantissimo oltre a diventare risorsa economica vendendole ad ogni taglio.....
Anche le Spinacacie hanno forte potere radicante...


da Architettura ecosostenibile:
http://www.architetturaecosostenibile.it/materiali/bambu/bambu-materiale-versatile-protezione-suolo-267.html
"
....perché non si pianta bamboo gigante come alternativa più efficace e veloce degli alberi al contenimento delle terre a rischio dilavamento? C’è qualche pubblico amministratore o privato che sarebbe disposto a fare un progetto pilota e dimostrare che basta davvero poco per cambiare il mondo in meglio? I bamboo li dono io. Solo per citare una delle tante specie utilizzate in Asia proprio per contenere i terreni a rischio dilavamento, il Bambusa Oldhamii, ogni anno un ettaro di piantagione con circa 250-300 piante, è in grado di arricchire il suolo con 5-6 tonnellate solo di biomassa caduca, e radici fino a tre metri di profondità. In appena 4-6 anni una pianta di 1 metro sviluppa nuove canne anche fino a 20 metri di altezza e 10 cm di diametro. Ma la cosa più interessante è che si tratta di una specie non invasiva a sviluppo dei rizomi in modo pachimorfo, ovvero cespuglioso.”

Il dossier di Massimiliano Mancini:




09/02/2015
Come ieri, oggi lo riproponiamo all'assessore Trina, persona che si sta dimostrando attenta ai problemi dell'ambiente. Speriamo tenga in considerazione la possibilità di adottare il Bambò sulla frana del viadotto Biondi....
Usi e pregi del bambù. Non solo al posto del legno

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